Kinki. Il Club Puro.
Da oggi iniziamo a raccontare quasi 50 anni di puro Club attraverso le decadi, le mode, le innovazioni, la cultura popolare, insomma tutto il passaggio tra un secolo e l’altro dal punto di vista del Kinki.
Speriamo che lo troviate interessante , almeno dal punto di vista storico.
Tutti questi articoli li trovate anche su Instagram https://www.instagram.com/kinkiclub/
Partiamo dall’ inizio
Nasce a Bologna, in via Zamboni 1 nel 1975.
In realtà cambia nome in Kinki dopo che per anni, con altri nomi, ha già acquisito molta fama: Lucio Dalla vi suonava con la Doctor Dixie Jazz Band e vi incontrerà Gino Paoli che lo convincerà ad iniziare la sua carriera di cantautore e cantante.
Poi Jimi Hendrix ci suona dopo il suo concerto di Bologna, Jackson Brown è un abituè.
Poi meta di attori e cantanti famosi per tutti gli anni 60 e 70.
Nel 1975 diventa il primo club Gay d’Italia e lo rimane fino al 1984.
Dal 1986 apre le sue porte ad un pubblico più eterogeneo ma sempre molto di nicchia: nasce il primo vero club italiano.
Qui vedono la luce le prime P.R. di locali: Sabrina Bertaccini e Mara Conti, e la selezione per entrare è veramente spietata.
All’ esterno del locale si creavano già dalle 9 di sera, due file chilometriche: una di quelli che speravano di entrare, l’altra, di fronte, di bolognesi che venivano a vedere le persone pazzesche che entravano al Kinki.
Al Kinki, già allora, c’erano 3 bagni: Uomini – Donne – X.
Uno dei maggiori punti di forza del club, oltre alla selezione che consentiva l’ ingresso solo a persone in target, è stata la straordinaria qualità musicale offerta, sia dal punto di vista tecnico che da quello dei dj che ci hanno suonato.
A partire da LTJXperience, Flavio Vecchi, Maurizio Gubellini, Ralf, Coccoluto, Mbg, Pasta Boys, Fabrizio Maurizi come resident, dall’ inizio degli anni ’90 diventa tappa internazionale obbligata per i dj, soprattutto americani, che intendono introdursi nel giro dei clubs importanti europei.
Infatti al Kinki, quando vi era ancora il vero, genuino spirito Underground della Club Culture, ci sono venuti a suonare più o meno tutti i più grandi e non solo.
Per la sua conformazione (è sottoterra) e per la sua connotazione (è brutto, sporco e cattivo), piace molto o non piace per niente.
Anche grazie ai suo spazi rimarrà sempre un locale di nicchia, l’isola che non c’è.
Ha un libro suo che celebra i 40 anni di storia ed è citato in 8 romanzi.
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